Negli ultimi anni, la scelta sempre più decisa della pompa di calore, utilizzata come generatore di energia termica primaria per un fabbricato (rafforzata poi con l’avvento del Superbonus 110%), ha registrato una crescita notevole.
La pompa di calore, oggi, risulta essere la scelta che, più di tutte, garantisce un elevato risparmio energetico nei consumi ed un impatto zero in termini di emissioni di CO2 se alimentata da fonti rinnovabili (fotovoltaico, eolico ecc.)
Ma tutto questo, risulta interessante fino a quando si tratta di realizzare nuovi impianti termici concepiti a bassa temperatura, ovvero con acqua (tecnica) in circolo con una temperatura non superiore a 45°C circa.
Attualmente però, le cose non stanno proprio così! Si è visto negli interventi di efficientamento energetico effettuati con l’ausilio del Superbonus 110% o, comunque, sembra stia diventando ormai una consuetudine, le pompe di calore vengono abbinate con disinvoltura e semplicità ad impianti ad alta temperatura con terminali in ghisa (i classici termosifoni) alimentati con acqua tecnica in circolo ad una temperatura media di 70°C.
Una pratica, questa, che consideriamo illogica, antiecologista, economicamente svantaggiosa e priva di ogni buonsenso. Perchè? Semplice: una pompa di calore (per il principio fisico secondo cui è stata concepita, non riesce a produrre acqua calda superiore a 45°C quando le temperature invernali (esterne) non scendono sotto i 6-7°C circa. Se poi la temperatura esterna scende al di sotto di quel livello, i rendimenti delle pompe di calore iniziano a crollare (essendo soggette poi a continui cicli di sbrinamento).
Alla luce di questa affermazione, si comprende benissimo, intanto, che sono inadeguate per essere abbinate ai vecchi impianti esistenti nelle nostre abitazioni con termosifoni in ghisa che a loro volta sono stati progettati e dimensionati per lavorare a 70°C (e quindi non a 45 o meno!).
Le pompe di calore, nascono per essere abbinate ad impianti con temperatura di esercizio tra i 30 e i 45°C, ovvero per essere impiegato per alimentare impianti a pavimento radiante, impianti a ventilconvettori o impianti canalizzati. Tutto il resto è un abbinamento becero e venduto per illudere il cliente finale che basta una pompa di calore e quattro valvole termostatiche, per efficientare un impianto termico, magari vecchio 30 anni.
Il minimo che si possa fare, quando ci si trova di fronte ad un mix fatto di pompa di calore, impianto fotovoltaico e termosifoni in ghisa, è quello di sostituire i terminali in ghisa con terminali in alluminio (almeno!) e comunque valutare molto attentamente se l’impiego della sola pompa di calore sia in grado di permetterci di superare la stagione invernale senza soffrire il freddo!